Il Bastione dell’Impossibile di Trapani
Durante il Medioevo, tutte le città da nord a sud venivano fortificate per combattere invasori che potevano arrivare sia per via terra o per via mare. Anche Trapani, era circondata da fortilizi che servivano, appunto, a salvaguardare la popolazione, ed ancora oggi si possono notare dei ruderi che attestano tutto ciò, uno di questi è senza dubbio il Bastione dell’Impossibile.
Il Bastione dell’Impossibile, fu chiamato così per gli ostacoli che si presentavano man mano che la costruzione veniva edificato, poiché il terreno era paludoso. Il fortilizio risale alla prima metà del sedicesimo secolo e fu eretto per rafforzare le mura della città. Il materiale usato per la costruzione è in conci di pietra arenaria di diversa grandezza, di colore rossiccio ed abbastanza compatto, però si sono adoperati diversi materiali di calcare tufaceo. Dagli storici, si è potuto capire, come fosse il Bastione nel pieno delle attività, infatti, si può intuire che sul muro in alto si aprissero numerose cannoniere, con un lungo parapetto che serviva per proteggere i soldati durante il loro giro di perlustrazione.
Nello spiazzale, al centro, si intuisce che vi fosse stata una costruzione rialzata rispetto alla parte esterna. L’entrata al forte avveniva dalla parte ovest, in quanto anche se interrate sono ancora visibili degli archi d’ingresso. Dopo molti anni di abbandono, il Comune di Trapani, l’ha rivalutato con l’allora sindaco Mimmo Fazio in occasione del grande evento dell’America’s Cup, che ha fatto conoscere la città in tutto il mondo. Per tale manifestazione, è stato realizzato un ascensore che portava alla parte superiore, dove aveva trovato luogo un bar con una grande veranda con tavolini e divani, con portavasi pieni di fiori profumati; il tutto accompagnato da una stupenda vista sul porto con l’attracco dei vari natanti. Purtroppo, dopo questa manifestazione è stato chiuso l’accesso ed abbandonato, togliendo ai trapanesi e ai vari turisti una meravigliosa veduta ed un altrettanto giardino pensile.
Francesco Catania
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