Omicidio Mirarchi: arrestato uno dei presunti assassini | VIDEO

I carabinieri del Comando Provinciale di Trapani, insieme ai militari del ROS e dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria, hanno tratto in arresto Nicolò Girgenti, agricoltore 45enne, incensurato, ritenuto uno degli autori dell’omicidio del maresciallo capo Silvio Mirarchi, avvenuto il 31 maggio scorso a Marsala.

okI dettagli delle indagini, sono stati resi noti stamani nel corso di una conferenza stampa presso il Comando Provinciale di via Orlandini, a Trapani, alla presenza del procuratore della Repubblica di Marsala, Vincenzo Pantaleo, e del sostituto che ha coordinato le indagini, Anna Sessa.
Mirarchi, è stato ucciso mentre, insieme a un collega, era impegnato a Marsala in un servizio di osservazione di alcune serre sospette. I due militari avevano sentito nell’oscurità voci e rumori. Si erano avvicinati per verificare cosa stesse succedendo, ma giunti a circa 60 metri dai soggetti presenti, accese le torce in dotazione e qualificatisi come carabinieri, i malviventi non avevano esitato ad aprire il fuoco. Mirarchi era rimasto gravemente ferito: trasportato presso l’ospedale cittadino, era stato sottoposto a un primo intervento chirurgico per poi essere trasportato in elisoccorso presso il Civico di Palermo; qui, nuovamente sottoposto a intervento chirurgico, era morto nel pomeriggio del 1° giugno.

Già il giorno dopo era finito in manette Francesco D’Arrigo, di Partinico, classe 1962, ritenuto il responsabile della coltivazione della vasta piantagione di canapa indiana scoperta da Mirarchi, composta da ben 6 mila piante che avrebbero potuto fruttare oltre quattro milioni di euro.
L’arresto aveva permesso di individuare un primo sospettato proprio nel Girgenti. Fino allo scorso mese di marzo, infatti, sarebbe stato gestore delle serre e presidente di una società cooperativa a cui le stesse erano state concesse in affitto. La carica e la gestione era stata successivamente ceduta dall’uomo proprio a D’Arrigo.
Subito interrogato, però, Girgenti aveva fornito, citando il procuratore Pantaleo, una versione «platealmente smentita». Insomma, alibi non corrispondenti con i riscontri eseguiti dai Carabinieri, fatti di intercettazioni telefoniche, della prova che la sua utenza telefonica avesse agganciato una “cella” compatibile con il luogo della sparatoria e persino di un test schiacciante. Si tratta dello STUB, un tampone utilizzato per rilevare eventuali tracce da sparo, che, analizzato successivamente dal RIS di Messina, aveva dato esito positivo. Numerose tracce di polvere da sparo si erano state rinvenute anche sugli indumenti dell’uomo, sequestrati dai Carabinieri poco prima che venissero lavati.

Questa la versione del Girgenti: era rimasto a casa tutta la sera, mangiando con la madre, per poi addormentarsi intorno alle 22. Ma l’analisi dei tabulati del suo telefono hanno dimostrato che fosse sveglio e, come anticipato, che la sua utenza agganciasse la cella compatibile con il luogo dell’omicidio. Inoltre, stando alle riprese di due telecamere a circuito chiuso, la sua autovettura era transitata lungo la possibile via di fuga dal luogo dell’omicidio, proprio nei minuti successivi alla sparatoria.
Le indagini hanno poi dimostrato che Girgenti non era estraneo alla piantagione di marjuana di D’Arrigo, ma era “socio infedele”. Infatti, approfittando dell’assenza del “collega” nelle ore serali e notturne, insieme ad altri complici trafugava le piante dalle serre. A riprova del suo coinvolgimento, in una di queste è stato trovato un mozzicone di sigaretta riconducibile a lui.
Si continua a indagare per assicurare alla giustizia anche gli altri complici coinvolti nell’omicidio. Sul posto, tra l’altro, sono state ritrovate due pistole di diverso tipo. «Prenderemo gli altri colpevoli», ha dichiarato deciso il comandante provinciale dei Carabinieri Stefano Russo, dopo aver rivolto un pensiero al maresciallo Mirarchi e alla sua famiglia.

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