Castelvetrano: uccisa un’assistente alla comunicazione. Non è una tragedia, è femminicidio

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani esprime profondo cordoglio e indignazione per la tragica morte di una donna di 49 anni, avvenuta a Castelvetrano (TP), vittima dell’ennesimo femminicidio. La donna, stimata assistente all’autonomia e alla comunicazione (ASACOM) in una scuola del territorio, è stata brutalmente uccisa dal marito, che successivamente si è tolto la vita.

Una tragedia che lascia attoniti, che spezza vite e silenzi, che interroga tutti noi sulla responsabilità collettiva nel contrastare la violenza domestica e la cultura patriarcale che ancora troppo spesso produce dolore e morte.

La vittima era una figura fondamentale all’interno della comunità scolastica: una professionista apprezzata per la sua umanità, dedizione e sensibilità verso gli alunni più fragili. Come dichiarato dalla dirigente scolastica del suo istituto, la sua presenza era “preziosa, discreta ma incisiva”. Una testimonianza che conferma quanto sia stata importante la sua opera silenziosa ma essenziale nel mondo della scuola.

Ci uniamo al dolore della famiglia, dei colleghi e degli studenti, e ci stringiamo idealmente alla comunità educante, profondamente ferita da questa perdita.

Ogni femminicidio è una sconfitta per la società intera. Non possiamo più accettare che le mura domestiche si trasformino in luoghi di terrore e morte. La scuola, in quanto presidio educativo e culturale, ha il dovere di sensibilizzare, educare e promuovere relazioni fondate sul rispetto, l’ascolto e la non violenza.

Serve un’alleanza educativa forte tra scuola, famiglie, enti locali, associazioni, affinché nessun grido resti inascoltato, nessun segnale ignorato, nessuna donna sola. E serve che il sistema istituzionale risponda, con risorse, formazione, azioni concrete e continue.

La città di Castelvetrano oggi si ferma, e con essa ci fermiamo anche noi, per ricordare questa donna, madre, lavoratrice, uccisa nel silenzio della sua casa, e per riaffermare con forza che nessuna vita deve essere più spezzata dalla violenza.

Finché continueremo a parlare di “gelosie”, “liti”, “tragedie” o “raptus”, stiamo tradendo le vittime e le loro storie. Ogni parola sbagliata è una barriera in più contro il cambiamento.

Per questa donna, per tutte le donne, per chi resta: basta silenzio. La scuola deve parlare, agire, proteggere. Ogni giorno.

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