Ingrasciotta: “A proposito di pedibus, piste ciclabili e mobilità non più sostenibile…”

sostenibile- insostenibileNegli ultimi decenni le nostre città, Erice, Trapani, si sono sviluppate tenendo conto quasi esclusivamente delle esigenze del cosiddetto cittadino medio, l’elettore forte che è adulto, maschio, lavoratore, automobilista.
Le nostre città sono cresciute specializzando gli spazi e dotandoli di servizi e infrastrutture calibrati su di un soggetto evidentemente senza nessun tipo di handicap, ma nemmeno anziano, non bambino, in perfetta forma fisica, che può uscire di casa da solo e muoversi su lunghe distanze in qualsiasi momento, quindi neanche ciclista, non pedone, che non spinge un passeggino e non porta la gonna stretta.
Il risultato della pianificazione fatta prendendo a modello le esigenze di quell’unico soggetto, è una città che ha perso buona parte delle caratteristiche che la renderebbero luogo di incontro, di interazione sociale.
Ci troviamo oggi a vivere in una città nella quale gli spazi pubblici sono sempre meno spazi per vivere e sempre più aree di circolazione. L’importanza che ha assunto l’automobile nella nostra esistenza, e di conseguenza il traffico nelle nostre città, hanno causato dei cambiamenti sostanziali all’ambiente nel quale viviamo, che poi è lo stesso in cui i bambini crescono e sviluppano le loro conoscenze.
I bambini che crescono negli anni del terzo millennio hanno molte meno opportunità rispetto alle generazioni precedenti di esplorare il loro quartiere, di incontrarsi, di giocare al di fuori della sorveglianza e dell’organizzazione degli adulti. Di fatto trascorrono i loro pomeriggi o chiusi in casa davanti alla tv, oppure sono impegnati nel maggior numero possibile di attività didattiche e sportive organizzate (dagli adulti) che, per quanto formative siano, non si può pensare che sostituiscano quelli che sono ancora gli strumenti più importanti di apprendimento: il gioco, specialmente di gruppo, l’esplorazione dell’ambiente che li circonda, l’esperienza personale.
“Mi rendo conto a questo punto – dichiara il consigliere del Comune di Erice Nino Ingrasciotta –, visto che le città nella loro crescita non hanno tenuto abbastanza conto delle esigenze di tutti, che bisogna impegnarsi di più per conformarle maggiormente alle esigenze di tutti e soprattutto dei futuri cittadini del nostro territorio, ed impegnarsi ancora di più per cambiarle prendendo un’altra direzione, ed è quella percorribile se si sostituisce al cittadino medio, intorno alle cui esigenze è costruita la città contemporanea, un altro soggetto di riferimento: cioè il bambino”.
“Prendere il bambino come soggetto di riferimento significa – continua – dotarsi di un vero e proprio indicatore ambientale della qualità urbana. Così come nelle città fortemente inquinate non ci sono le lucciole, o le rondini non tornano più, allo stesso modo possiamo dire che se nella città si incontrano bambini che giocano, che ne percorrono le strade, allora quella città può considerarsi sana.
Ma per far sì che i bambini possano uscire di casa e vivere la propria citta’, il proprio quartiere, occorre che la nostra città cambi, si modifichi, che si possa rallentare realmente la velocità delle automobili, obiettivo che non si raggiunge con l’imposizione di nuovi e più rigorosi divieti che possono sempre essere violati, ma con interventi fisici sulla strada che impediscano la velocità, rinegoziando gli spazi della città e restituendoli a chi ha la necessità di camminare o andare in bicicletta. Si tratta di operare interventi sulle infrastrutture per i quali c’è bisogno innanzitutto della volontà di farli, ma c’è bisogno anche di tempo e di investimenti per realizzarli. Però intanto, nell’attesa che tutto ciò accada, i bambini di adesso saranno cresciuti senza avere sperimentato personalmente le regole della strada, che si imparano veramente solo con pratica e con l’esperienza, non studiandole sui manualetti. E allora? C’era una volta un mondo nel quale tutti o quasi andavamo a scuola a piedi o in bicicletta (o con i mezzi pubblici). Cosa è successo? Le automobili si sono impossessate delle città e le hanno trasformate in luoghi inquinati, pericolosi e non più a misura di persone e bambini. Si può tornare indietro? La risposta è sì si deve, è necessario. A questo proposito una cosa buona è stata varata dal Parlamento: una norma (l’art.5) all’interno del collegato ambientale che stanzia fondi (35milioni di euro per iniziative di mobilità sostenibile, incluse iniziative di piedibus, di car-pooling, di car-sharing, di bike-pooling e di bike-sharing, la realizzazione di percorsi protetti per gli spostamenti, anche collettivi e guidati, tra casa e scuola, a piedi o in bicicletta, di laboratori e uscite didattiche con mezzi sostenibili, di programmi di educazione e sicurezza stradale, di riduzione del traffico, dell’inquinamento e della sosta degli autoveicoli in prossimità degli istituti scolastici) per progetti che incentivino la mobilità sostenibile casa scuola e casa lavoro. Finalmente! Ma non fa solo questo”.
“L’articolo 5 istituisce all’interno delle Scuole una figura chiamata mobility manager che dovrà studiare, pianificare e redigere un piano affinché gli alunni possano essere messi nelle condizioni di andare a scuola a piedi o in bicicletta organizzando dei bicibus o dei piedibus a seconda delle distanze da coprire. Possibile che accada? In alcune città come ad esempio Venezia (Mestre) e Reggio Emilia è una realtà. In quest’ultima il 50% degli alunni va a scuola con mezzi sostenibili. Il sistema funziona è rodato e pronto per poter essere esportato ovunque. Certo in tutta Italia i Comuni e gli amministratori dovranno intervenire drasticamente nel trasformare la rete infrastrutturale per renderla bike friendly e sicura. Il primo e più efficace intervento dovrà essere la riduzione della velocità nei centri urbani: è statisticamente dimostrato che dove i limiti si abbassano diminuisce il numero degli incidenti e la loro gravità. Velocità di collisione Probabilità di decesso
80 Km/h 100%, 60 Km/h 85%, 40 Km/h 30%, 20 Km/h 10%. Non occorrerebbero piste ciclabili laddove i limiti di velocità si abbassassero, realmente, perchè rispettati, a 30 o 20 km orari. Va da se che le automobili sarebbero fortemente disincentivate a favore delle biciclette. Perché la svolta sia significativa sarà necessario che le città siano governate da amministratori illuminati, capaci di capire che interventi posti in essere oggi possono incidere sul futuro e il benessere della popolazione nel medio e lungo termine. Ecco dunque che se oggi gli spazi sono a beneficio dell’automobile dovranno via via essere a beneficio delle persone e dei bambini. Se nell’arco di quest’anno andranno in porto i co-finanziamenti dei progetti previsti dal collegato ambientale avremo fatto un balzo in avanti, verso città a misura di famiglie. Non avremo più persone del Nord Europa che si stupiscono perché accompagniamo a scuola i nostri figli magari persino con l’auto, mentre loro, nel gelido nord è dagli anni ‘70 che sono organizzati con bicibus e piedibus. A volte, ed è questo il nostro caso, può risultare impopolare operare per il rispetto, la tutela e la difesa dell’ambiente. È una svolta culturale, il primo vero progetto di mobilità sostenibile, parte del programma dell’amministrazione Tranchida. Ma è una responsabilità politica e, soprattutto, un interesse supremo per i nostri figli: avere un ambiente più sano e una migliore qualità della vita. Questa pista, riconcilia con il nostro mare e soprattutto crea i presupposti, con i dovuti accorgimenti, per una città a misura di uomo e di bambino”.

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