GIUSTIZIA, ASSOSTAMPA: VANNO RIVISTI I RAPPORTI TRA INQUIRENTI E GIORNALISTI

Una giornata dedicata a uno dei problemi che affliggono negli ultimi tempi i giornalisti e in particolare i cronisti che si occupano di nera e giudiziaria: l’applicazione della cosiddetta “legge Cartabia” in materia di rapporti tra organi inquirenti e la stampa, e che recepisce una direttiva europea del 2006, per altro in maniera più rigida rispetto alle indicazioni dell’Europa.

Un appuntamento organizzato a Trapani dalla Federazione Nazionale della Stampa nella nuova sede di Assostampa, per far fronte alle tante richieste da parte dei colleghi per avere un confronto diretto con i magistrati, e in particolare con i procuratori capo, indicati dalle norme a essere gli unici responsabili dei contatti con i giornalisti.

A introdurre i lavori il segretario provinciale Vito Orlando che ha ricordato la lunga serie di doveri deontologici a cui deve sottostare il giornalista che si occupa di cronaca giudiziaria, e la cui violazione può essere causa di provvedimenti disciplinari da parte dell’organo di disciplina dell’Ordine. Quindi il vicesegretario Max Firreri ha moderato il dibattito tra il procuratore della Repubblica di Marsala, Ferdinando Asaro, l’avvocato penalista Stefano Pellegrino e Roberto Leone, vicesegretario regionale dell’Assostampa e per anni cronista di giudiziaria e di nera a La Repubblica e al quotidiano L’Ora.

Il procuratore Asaro ha sottolineato le difficoltà di applicazione della direttiva che crea un imbuto nelle funzioni del procuratore capo, chiamati a svolgere un ruolo improprio, quello di decidere cosa è notizia da diffondere e cosa no, e ha spiegato la direttiva applicativa del CSM rivolta ai magistrati. Nei fatti i procuratori, già oberati di lavoro, non sono in grado di svolgere anche il ruolo di “rubinetto” delle notizie, mentre i cronisti sono sempre in difficoltà per mancanza di un contatto diretto con le fonti. L’avvocato Pellegrino ha posto in evidenza la necessità di adeguarsi alla direttiva europea, a garanzia dei diritti e della tutela degli indagati.

“Se qualcuno viene privato della libertà personale, è sacrosanta la pubblicazione del nome anche a tutela dello stesso arrestato – ha sostenuto Roberto Leone – quanto alle immagini è auspicabile un maggiore cautela ma non possiamo accettare che tutto passi ormai dalle cosiddette veline 2.0 confezione dagli organi di polizia. L’unico limite del giornalista, oltre naturalmente al fatto che la notizia sia vera, e che non si metta a rischio la prosecuzione delle indagini”.

Il confronto è stato ampio perché hanno partecipato gli oltre trenta colleghi che hanno seguito il corso e che, alla fine degli interventi, hanno rivolto una serie di domande ai relatori. In particolare, coinvolto il procuratore di Marsala che ha ammesso il suo disagio e le sue difficoltà nel gestire il flusso di informazioni ed ha auspicato una maggiore collaborazione con i cronisti. Nel mirino in particolare il primo e unico comunicato diffuso dalla procura di Marsala sul femminicidio di Pantelleria a tre giorni dall’accaduto e senza i nomi dei protagonisti della vicenda. “Allora ho toppato”, ha ammesso il procuratore che ha però ricordato come ci sia stata la sua massima disponibilità sull’altra vicenda, un altro femminicidio, quello di Salemi, in cui non si è sottratto alla continua ricerca da parte dei cronisti.

Tutti d’accordo, infine, che esistono già regole precise sia sul piano deontologico che su quello penale per evitare eventuali abusi. L’auspicio comune è stato quello di proseguire un confronto tra procura e Assostampa, per trovare soluzioni che permettano a ciascuno di lavorare meglio e soprattutto di far sì che i cittadini siano realmente informati di quanto accade nelle loro realtà.

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