Riflessioni sulle infrastrutture legate alla ZES e sulle lottizzazioni adiacenti alla Via Virgilio. Documento dell’Associazione Erythros

A Trapani esiste una zona che sembra sia stata colpita da una “maledizione”, ovvero l’area prospiciente la città, occupata dalle saline o meglio, da quel che ne resta.
Le antiche vasche delle saline di Trapani – vero reperto archeologico – a cominciare dal secondo dopo guerra sono state oggetto di parziale interramento per far posto ad insediamenti industriali, commerciali e di edilizia abitativa.
Le saline di Trapani, che dalla città arrivano a ridosso dell’aeroporto di Birgi, nel tempo sono diventate dimora stabile di decine di varie specie di uccelli che le hanno elette a “buen retiro” ed a luogo di nidificazione fra una migrazione e l’altra, finendo per attrarre esperti del settore e centinaia di migliaia di turisti (circa 300.000 presenze l’anno).
QUALE SENSO HA, TUTELARE I VOLATILI E LA LORO BIODIVERSITA’? Gli uccelli sono innanzitutto un ottimo indicatore ecologico: ci segnalano la salute dei nostri ambienti, delle campagne e persino delle città. Purtroppo molti uccelli, ad oggi, sono in pericolo: infatti su 250 specie nidificanti in Italia, secondo gli studi della Lipu, almeno il 30% si trova in un cattivo stato di conservazione, il che significa che circa 80 specie rischiano di sparire dai nostri cieli. Per questo è necessario agire, e in fretta, con programmi mirati di conservazione: proteggendo i siti riproduttivi, tutelando i luoghi dove si nutrono, difendendo le aree dove transitano o sostano nel corso delle
lunghe transvolate tra l’Europa e l’Africa e, in generale, rendendo più sano l’ambiente in cui vivono: le aree agricole, le zone umide, il mare, gli habitat naturali più diversi.
Dagli anni ’60 ad oggi la pressione antropica sul territorio è diventata insostenibile, Le saline trapanesi hanno iniziato ad essere accerchiate da nuove costruzioni: dissalatore, depuratore, addirittura era stata ipotizzata la realizzazione di una raffineria (follia pura), insediamenti abusivi di pseudo attività commerciali, richieste di lottizzazioni, ecc. I primi ad arrivare sono stati quelli del mattone che dagli anni ’70, ma di più negli anni ’80, hanno cementificato tutto l’intero territorio adiacente la via Virgilio.
Negli anni ’80/90 anni, vaste aree delle zone di salina e intorno alle saline sono state concesse all’ASI -Area Sviluppo Industriale- che avrebbe dovuto dare il colpo d’ala per far nascere anche a Trapani l’industria e l’artigianato come in tante altre realtà isolane.
Decine di operatori economici, che hanno avuto le concessioni, hanno edificato capannoni ed altri edifici e hanno avviato le pratiche per usufruire delle agevolazioni della Legge 488/1992 che dava finanziamenti a fondo perduto per il 70%, da qui la corsa.
Di tutto questo, a distanza di 10 anni e più, non è rimasto quasi niente. Preso il finanziamento, decine di imprese hanno trasferito il proprio business altrove o hanno chiuso i battenti, alcuni imprenditori hanno spostato l’attività in Tunisia e Romania, alcuni sono falliti, altri sono stati coinvolti in truffe.
Insomma, più che creare vero e duraturo sviluppo si è assistito ad una grande speculazione immobiliare.
Il risultato è quello che decine di capannoni e di aree chiuse o sotto sequestro sono inutilizzate ed ecco che si parla di creare, strappandole al poco territorio rimasto, nuovi insediamenti industriali con nuovi capannoni, recinzioni, strade e guarda caso viadotti: un vero must per la politica italiana.
E adesso arriva il mega progetto delle strade a servizio della ZES; rispunta un progetto di lottizzazione che prevede le immancabili palazzine, oltre ad una multisala ed un insieme di esercizi commerciali, dopo che due varianti al PUG hanno permesso di edificare la RSA che ha sottratto quasi 8mila metri quadrati di suolo destinato a verde, e dato il via al Sottopasso ad opera di RFI.
Ma cosa ce ne facciamo di un’altra zona industriale in aggiunta alla fallimentare ASI che, sbandierata dai nostri politici come volano per lo sviluppo del territorio, si è rivelata un vero flop ed un dispendio incalcolabile di denaro pubblico. Perché non utilizzare i capannoni rimasti vuoti? La ZES può essere una opportunità, ma il Progetto elaborato presenta delle criticità per le possibili ricadute sull’ambiente circostante.
Sembra che i tecnici/esperti e i politici le abbiano ignorate o aggirate rischiando, così, la bocciatura del progetto da parte degli enti preposti alla sua definitiva approvazione e di tutte le altre organizzazioni preposte alla salvaguardia dell’ambiente.
La scrivente Associazione si esprime in maniera critica rispetto alla realizzazione delle infrastrutture legate alla ZES in particolare modo su quelle impattanti sull’area delle saline, dando voce ai tanti trapanesi, comuni cittadini, poco avvezzi ad essere coinvolti nei “complicati“ meccanismi di divulgazione di democrazia partecipata.
Sempre più i cittadini, attualmente meglio informati, si chiedono il perché di un viadotto che corre parallelo ad un altro già esistente a supporto di un ipotetico aumento di traffico merci al porto di Trapani. Un viadotto che dovrebbe ridurre (di meno di un km!!!) il percorso rispetto a quello esistente, che si trova a passare sopra una delle pochissime aree verdi della città, da poco recuperata dallo stesso comune di Trapani, che vede (al momento in cui scriviamo) l’insediamento di cicogne – uccelli raramente visti a Trapani.
Si chiedono il perché di una nuova strada compresa fra via Libica e via G. Salvo, da adibire solo al traffico cittadino, che dovrebbe passare attraverso le saline Collegio e Modica, che sono zone Habitat 1150 e IBA e che rappresentano ciò che si è riuscito a sottrarre all’espansione urbana, circa una trentina di anni fa, grazie all’istituzione della Riserva.
IL TRAFFICO DI MEZZI PESANTI SARÀ COSÌ INCREMENTATO DA NECESSITARE DI UNA STRADA DEDICATA?
Quale sarà l’effetto sull’economia del territorio derivante dalla ZES? Quanti posti di lavoro verranno creati? Un’analisi dell’impatto economico del progetto è stata realizzata? Quali sono i risultati previsti? Sulla base di quali studi? I cittadini e l’associazione, inoltre, si chiedono il perché, insieme alla presentazione della ZES, si
parli anche di una lottizzazione che, a ridosso delle vasche frequentate ormai da decine di diverse specie di uccelli, prevede la costruzione di palazzine, negozi e addirittura una multi sala, scelta che ancor di più danneggerebbe il tessuto economico della città storica.
MA CHE CE NE FACCIAMO DELLA MULTI SALA DECENTRATA E DEL CENTRO COMMERCIALE PREVISTI NEL PROGETTO?
La loro presenza, oltre che uno sprezzo per il paesaggio, tutelato in primis dall’ art. 9 della Costituzione, decreterebbe un ulteriore svuotamento del centro storico della città, un centro storico già fantasma, ormai ridotto ad uno scatolone vuoto con soltanto alcune vie in cui si concentrano strutture ricettive, bar, ristoranti e pizzerie, con ricadute negative e pericolose sulla vita di relazione dei nostri concittadini e su tutto il settore economico che ruota attorno al turismo ed al commercio.
Da questo punto di vista il progetto di lottizzazione è anacronistico, infatti, la tendenza riconosciuta da tutte le amministrazioni è quella di promuovere iniziative per ripopolare i centri storici delle città.
Studi autorevoli ed esperienze pregresse dimostrano che il futuro delle città parte dal recupero, dalla valorizzazione e conservazione delle tradizioni e del patrimonio culturale, artistico ed architettonico dei centri storici, condizioni indispensabili per sviluppare lo spirito di appartenenza, il rispetto e l’attaccamento alla propria città.
Operatori del mare affermano che il porto di Trapani è piccolo e che non potrà mai avere grande sviluppo di traffico sia commerciale che turistico perché gli spazi di manovra e di attracco sono limitati ed allora ci si chiede in base a quali studi/accordi si è ipotizzata la tanto decantata crescita dei movimenti del porto di Trapani tanto da giustificare nuove strade, rotonde, viadotti.
Qualcuno suggerisce, in maniera maliziosa, che ci sono le ultime saline rimaste, unica area dove il porto si può allargare, ed ecco il sospetto insinuarsi: ovvero la volontà da parte di gruppi economici di “sacrificare” le saline nel nome dello “sviluppo economico” Queste saline, fra le poche rimaste produttive in Sicilia, sono uno scrigno di biodiversità, in cui attività produttive e conservazione della natura coesistono. In esse si concentra un grande patrimonio naturalistico riconosciuto come Zona di Protezione Speciale (ITA010028) e Zona Speciale di Conservazione (ITA010007), IBA e Sito Ramsar. Inoltre rappresentano anche un’area di elevato valore paesaggistico, architettonico ed etno-antropologico. E’ evidente che l’area delle saline non potrà reggere ancora molto di fronte agli appetiti di una società che, a parole, si commuove e porta i propri bambini a vedere le cicogne, i cormorani, le garzette e gli iconici fenicotteri, ma che, poi, non si scompone quando si tratta di cementificare in ogni luogo
ed ad ogni costo.
Il privato che è in affari difficilmente tiene conto se il suo interesse va a confliggere con le esigenze naturalistiche; mentre il politico per dimostrare che ”è bravo” non si lascia sfuggire i finanziamenti per realizzare opere o per portare avanti progetti di qualsivoglia natura (tutto nella legalità) infischiandosene del fatto che le opere per cui ha ricevuto finanziamenti collidono con la salvaguardia ambientale, il rispetto per la natura, con le regole internazionali che anche l’Italia ha sottoscritto,
Come ultima considerazione, ma non meno importante, è utile ricordare che le vasche delle saline nel caso di piogge intense diventavano sfogo dell’acqua che proveniva dalla città, e che i massicci interventi edilizi e urbanistici già realizzati ed in corso di progettazione avranno un effetto devastante sul nostro fragile territorio, con progressivo consumo di suolo e riduzione delle zone permeabili Parti della società civile, ad ogni cambio di governo sia locale, regionale, che nazionale hanno sperato che ci fosse anche un cambio di approccio nella progettazione che tenesse conto sia delle esigenze di crescita economica che di tutela dell’ambiente e delle sue risorse non rinnovabili Un modello di sviluppo che privilegia l’immediato e facile profitto a scapito della qualità della vita e della tutela dell’ambiente non è più accettabile, pertanto, l’associazione richiede di rivedere l’intero progetto per non ripetere gli errori del passato (negli anni, a causa di amministrazioni miopi e maldestre, la città ha perso il teatro “Garibaldi”, il teatro di Varietà al posto del quale è sorta la simil cappella in piazza Scarlatti, ha visto imprigionare il Castello di Terra, ha visto la costruzione del
Palazzo di Giustizia a cesura tra Corso Italia e via Virgilio, ha visto diminuire l’area della Riserva orientata delle saline di Trapani e Paceco a favore della realizzazione del molo Ronciglio, ha visto la realizzazione dell’isola ecologica e l’espansione del Cimitero comunale sul lungomare Dante Alighieri in sprezzo alla bellezza dei tramonti e alla vocazione turistica di questi territori, ha visto l’accerchiamento della Riserva e la realizzazione dell’autoparco fuori dal perimetro della riserva ma dentro la Rete Natura 2000, la costruzione della stazione di pompaggio e del dissalatore all’interno dall’area protetta, l’edificazione di un canile non utilizzabile) nell’ottica dello sviluppo  realmente sostenibile dal punto di vista, economico sociale ed ambientale.
Scrive il quotidiano britannico The Guardian: «Trapani è una delle città più antiche d’Italia, risalente a 3.000 anni fa, e gli invasori greci, cartaginesi, bizantini, arabi, normanni e spagnoli hanno lasciato il segno nel suo centro storico. Il nome deriva dal greco drepanon, che significa falce, che descrive perfettamente le sue due miglia e mezzo di sabbia, con acqua limpida come il gin».
Nella descrizione sono citate in particolare due spiagge: la spiaggia di Piazza Vittorio Emanuele e la Spiaggia Tipa. «La spiaggia di Piazza Vittorio Emanuele è centrale, sabbiosa e libera, così come la Spiaggia Tipa, più a est, e c’è una funivia per Erice sulla collina. Trapani è collegata tramite un treno (lento) a Palermo, a circa 60 miglia di distanza, ma chi arriva con un’auto a noleggio può anche esplorare le spiagge di San Vito lo Capo, le antiche saline e Mozia».
Queste sono le risorse da valorizzare, unitamente al funzionamento della rete idrica e fognaria, della pulizia delle strade e dei tanti spazi verdi lasciati in totale abbandono.
Se i fondi del PNRR, oltretutto collegato del Green deal europeo, (ma di “green” in questo progetto non si vede proprio niente), dovessero servire solo a costruire selvaggiamente il nuovo senza risolvere e tutelare l’antico e l’attuale, non sarebbero utili alla comunità che rischierebbe di trovarsi depauperata anche della sua storia, del suo patrimonio culturale, paesaggistico, della biodiversità del suo territorio in nome di uno sviluppo economico presunto.
Le esperienze del passato non fanno bene sperare.

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