Operazione della Guardia di Finanza nel trapanese – VIDEO

La Guardia di Finanza di Trapani sta dando esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di presunti componenti di un’associazione per delinquere responsabile di numerosi reati contro il patrimonio e contro la pubblica amministrazione.
Il provvedimento, emesso dal Gip del Tribunale di Trapani su richiesta della Procura della Repubblica, rappresenta l’epilogo di una lunga e delicata attività d’indagine svolta dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Trapani e dalla Tenenza di Alcamo, scaturita dal fallimento di una società (la Nettuno soc. consortile arl) incaricata dei lavori di riqualificazione del porto di Castellammare del Golfo.
Le persone coinvolte nelle indagini per reati che vanno dall’associazione per delinquere, alla corruzione aggravata, bancarotta fraudolenta, abuso d’ufficio, intestazione fittizia di beni fino alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, sono complessivamente 32.
Quattro le persone arrestate: Girolama Maria Perricone, alcamese classe ‘66), Marianna Cottone, marsalese classe’82, Emanuele Asta, alcamese clase ’61. A finire in manette anche Pasquale Perricole, imprenditore edile classe ’55, ex vice sindaco del Comune di Alcamo. Per altri due soggetti, Francesca Cruciata, alcamese classe ’57, e Mario Giardina, alcamese classe ’64, sono stati disposti gli arresti domiciliari; disposto anche un divieto di esercizio di attività professionale a Domenico Parisi, alcamese classe ’66, e il sequestro di beni e disponibilità finanziarie nei confronti dei protagonisti della vicenda.
Le indagini della Procura della Repubblica avrebbero svelato la natura “fraudolenta” di quella bancarotta che ha provocato una distrazione di somme per circa 4 milioni di euro e successivamente hanno fatto luce sulla figura di Perricone, definito “amministratore occulto” della società fallita, così come anche della “CEA Soc. Coop.”, società aggiudicataria dell’appalto, unitamente alla CO.VE.CO Srl – società già nota alla cronaca per la vicenda del Mose di Venezia.
Perricone, pur non figurando ufficialmente nella compagine di queste società, si sarebbe posto alla regia di quella operazione imprenditoriale, “voluta e pianificata sin dall’inizio con il preciso scopo di appropriarsi e disperdere in mille rivoli non tracciabili le ingenti risorse di denaro pubblico affluite nelle casse della C.E.A. Soc. coop e destinate alla realizzazione della citata opera pubblica”.
Le indagini avrebbero anche fornito uno “spaccato criminale particolarmente allarmante che ha disvelato non solo le logiche ed i soggetti che in concreto hanno organizzato e pilotato il lucroso ‘affare’ dei lavori nel porto di Castellammare del Golfo ma anche l’esistenza nella realtà alcamese di un gruppo ristretto di persone che nel settore imprenditoriale ha operato e opera in modo spregiudicato ed in totale violazione della legge, nel tentativo di accaparrarsi appalti e finanziamenti comunitari”.
“Più precisamente – hanno spiegato le fiamme gialle – è stata messa in luce l’esistenza di un vero e proprio ‘comitato di affari’ suscettibile di influire prepotentemente sulla gestione politica ed amministrativa del Comune di Alcamo (soprattutto nella assegnazione degli appalti pubblici) e che, come effetto della sua capacità di penetrazione nel tessuto socio economico di quella collettività, ha esteso il suo condizionamento tentacolare anche ad un altro fondamentale centro di potere locale, rappresentato dalla Banca di Credito Cooperativo “Don Rizzo” (determinandone nel 2014 le nomine del CdA e influenzandone le scelte)”.
Tra i personaggi di spicco di questo “comitato d’affari” ci sarebbe proprio il Perricone, il quale, stando alle indagini, negli anni passati è stato additato da alcuni collaboratori di giustizia come contiguo alla locale famiglia mafiosa dei Melodia di Alcamo. Alla llce di ciò, l’imprenditore potrebbe essere stato, per un determinato periodo, “uomo di riferimento” della famiglia Melodia nel campo imprenditoriale e all’interno dell’Amministrazione comunale alcamese. “In verità – si legge ancora in una nota della Guardia di Finanza –, anche nella presente indagine sono emersi numerosi elementi indiziari che tuttora lascerebbero presumere che il Perricone nella propria ascesa imprenditoriale e politica si sia consapevolmente avvantaggiato del beneplacito della famiglia mafiosa dei Melodia”.
Tra i reati contestati al Perricone anche quello di aver lucrato sui fondi stanziati per la “formazione professionale” mediante la creazione di una fitta rete di società (tutte intestate a prestanomi ma di fatto a lui riconducibili) che avrebbero simulato l’organizzazione di numerosi corsi professionali “fantasma” così da ottenere illecitamente ingenti finanziamenti pubblici e al tempo stesso assegnare posti di lavoro in cambio di favori o altre utilità. Secondo i finanzieri, il “forte potere corruttivo in capo al Perricone” sarebbe emerso proprio in questo contesto: sarebbe persino riuscito a corrompere un funzionario direttivo del Centro per l’Impiego di Alcamo, il già citato Emanuele Asta – anch’egli arrestato – in cambio della sua disponibilità ad attestare falsamente la regolarità dei corsi fantasma, preannunciando la data e l’ora delle ispezioni “a sorpresa”.

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