D’Alì: “No al referendum per Misiliscemi”
Dopo avere proposto Salvatore Tallarita come candidato sindaco di Trapani, ed essere stato smentito dal diretto interessato, il Senatore Antonio D’Alì torna alla carica sulla questione del referendum per la scissione di Misiliscemi.
«Dalla risposta dell’architetto Salvatore Tallarita alla mia proposta “unificante” di apertura e collaborazione – scrive D’Alì – spero che i Trapanesi abbiano compreso alcune verità di fondo, che vanno certamente anche oltre le motivazioni della iniziativa, che possiamo ben giudicare ormai di corto respiro, di scissione di Misiliscemi. La prima verità è che Trapani rischia un ulteriore passo indietro, dopo gli esiti disastrosi delle ultime amministrative. Vi è un pericolo ridimensionamento che non è solamente territoriale, fisico e demografico, ma è anzitutto di prospettiva. La seconda è che la cittadinanza si è sul tema assolutamente distratta, speriamo non volutamente, ma che adesso che ho messo la questione sul tavolo ha il tempo per valutare e decidere con consapevolezza. La terza è che la politica locale, impegnata solamente nel partorire autocandidature, sottovaluta, o non riesce a comprenderla, la gravità della iniziativa, e, per timore di perdere (?) qualche manciata di voti non esprime alcuna posizione chiara al riguardo. La quarta è l’assenza assoluta per Trapani, per non dire l’astio, del livello governativo e parlamentare regionale. Nessuno ha chiesto all’assessore Grasso di verificare l’attualità di una richiesta, formulata anni fa da un corpo elettorale certamente modificato, al di là del fisiologico mutare in pochi mesi di distanza, compatibile tra una istanza ed una così rilevante votazione. Non sappiamo di quei richiedenti quanti e in che misura siano ancora residenti in quelle contrade, vuoi per cambi di dimora, vuoi per inevitabile ricambio generazionale. Nessuno ha poi chiesto lumi sulle dinamiche di validità del voto e di proclamazione del risultato. Un decreto in merito lacunoso ancor più della stessa legge, orribile, che nel 2012, ha modificato la precedente procedura. La quinta e più drammatica verità è che se dovesse nell’ignavia generale passare il SI al referendum, tranne i pochi promotori dell’iniziativa, tutti i cittadini ne rimarrebbero perdenti, quelli che lasciano Trapani per formare un nuovo comune dovrebbero di tasca loro affrontare le spese di una nuova burocrazia (alla faccia della riduzione della spesa pubblica e della semplificazione!), quelli che a Trapani rimangono che dovranno affrontare in minor numero e quindi con un maggior onere pro-capite le spese del già esistente comune. Perderebbero irrimediabilmente le nuove generazioni cui sarebbe impossibile attuare a breve un progetto unificante dei comuni del comprensorio trapanese, come logica di modernità e di possibilità di unica e unificante programmazione territoriale. Quel che più copre di incertezza e di ridicolaggine istituzionale è poi la data fissata per il referendum, 15 giorni prima del voto per il rinnovo dell’amministrazione comunale, in piena campagna elettorale, anche se dovesse coincidere con la stessa data delle amministrative, come riportano alcuni articoli di stampa. La mia domanda è: come agirà la indistinta pletora di candidati alla carica di consigliere comunale, ed anche il drappello di coloro che si sono candidati a sindaco di una città che rischiano dì trovarsi monca il giorno dopo la elezione? Ammesso che questo intreccio (non posso chiamarlo nobilitandolo nel linguaggio dei costituzionalisti “ingorgo”) non sia stato voluto per continuare a tenere Trapani nel limbo della democrazia. Chiedo che tutti i Trapanesi si esprimano chiaramente sulla questione. Io ho già detto, la mia posizione sulle dinamiche istituzionali della città è ben nota da anni: unire e non dividere. Ribadisco quindi che dinanzi ad una proposta che vuole essere solamente divisiva io il 27 maggio, o in qualsiasi altra data, voterò NO! ».