Coordinamento per la Pace, Trapani: COMBATTERE LA GUERRA, NON LE GUERRE
L’attacco militare sferrato all’Ucraina da parte della Federazione Russa schiude scenari drammatici sul presente e il futuro non solo dell’Europa, ma del mondo intero.
Questa guerra è il risultato di una escalation di provocazioni e manovre politiche ed economiche che vanno avanti da molti anni e nessuno, oggi, dovrebbe sorprendersi.
Le mire espansionistiche della Russia di Putin sono speculari agli interessi geopolitici dell’Occidente. Stati Uniti, Unione europea e Nato non hanno mai smesso di utilizzare queste aree del pianeta per imporre la loro sfera di influenza. Con la fine della guerra fredda, la Nato avrebbe dovuto sciogliersi – venendo meno la sua ragion d’essere. E invece si è allargata sempre più a Est ponendosi come avanguardia armata degli interessi economici e politici dei paesi alleati degli Usa.
Dall’altra parte, il crollo dell’Unione sovietica ha generato una Russia altrettanto autoritaria, sostenuta dai nuovi ricchi (i cosiddetti “oligarchi”) che interpretano i peggiori dettami del turbocapitalismo contemporaneo.
In questi giochi criminali per il dominio sul mondo, gli interessi delle parti in causa si intersecano fino a profondi a livelli di compromissione reciproca. Nessuno può ritenersi esente da responsabilità o complicità.
L’Ucraina, la cui posizione geografica è assolutamente strategica, è un paese che da almeno dieci anni cerca di sottrarsi all’influenza russa per entrare nell’orbita occidentale e, anche per questo, i governi che si sono succeduti hanno soffiato sul fuoco di un nazionalismo pericoloso e anacronistico. Parallelamente, le manie di grandezza di Putin hanno attinto a un repertorio ideologico che mette insieme tutto e il contrario di tutto (dal mito dell’Urss e della vittoria sul nazismo fino al panslavismo russocentrico) per giustificare il proprio dominio sui paesi confinanti.
Da un lato, il presidente ucraino Zelensky si erge a difensore della libertà e della democrazia mentre i reparti paramilitari neonazisti ucraini (già impiegati dal 2014 nella guerra a bassa intensità nel Donbass) combattono oggi sul fronte di Mariupol.
Dall’altro lato, Putin blatera della necessità di “denazificare” l’Ucraina mentre, allo stesso tempo, fa arrestare migliaia di cittadini russi colpevoli di manifestare contro la guerra bollandoli come “traditori della patria”.
In mezzo a tutto questo ci sono, per l’appunto, le persone comuni, i cittadini, le popolazioni che pagano sempre il prezzo più alto in tutte le guerre.
Siamo sgomenti nell’assistere all’arruolamento collettivo della popolazione civile che viene armata dalle autorità ucraine con parole d’ordine aberranti che fanno riferimento alla difesa della patria contro il nemico. Siamo addolorati nell’assistere all’esodo di migliaia di profughi ucraini che scappano dall’assedio russo.
E siamo profondamente preoccupati per i risvolti di carattere mondiale della crisi, per le sanzioni economiche e finanziarie antirusse (che colpiranno, in primo luogo, i lavoratori e le famiglie di tutti i paesi che hanno stretti legami con la Russia, Italia compresa) e per l’inevitabile allargamento militare di questo conflitto.
Il governo italiano ha già fatto sapere che invierà armi all’Ucraina, così come Germania e Francia. Intanto, sono stati inviati altri soldati italiani in Lituania, per rafforzare il confine orientale della Nato.
Dalla base di Birgi sono già decollati nelle scorse settimane degli aerei diretti in Romania per operazioni di routine, ma non possiamo escludere che anche nei prossimi giorni l’aeroporto trapanese venga mobilitato ulteriormente.
D’altra parte, l’imminente realizzazione del nuovo radar della Marina militare italiana a Favignana conferma, se mai ce ne fosse bisogno, l’attitudine del governo italiano a perseguire politiche di chiara impronta militarista.
È evidente che quando, a livello mondiale, le spese militari aumentano di anno in anno – alla faccia della pandemia, della fame nel mondo e del cambiamento climatico – si arriva al momento in cui i governi devono utilizzare gli armamenti e gli strumenti terroristici a loro disposizione. Anche questo serve a far crescere il Pil e a foraggiare le borghesie capitalistiche dei rispettivi stati.
Noi non stiamo né con Putin né con Zelensky. Noi non parteggiamo per nessuno dei biechi interessi che si giocano sulla pelle delle persone.
Noi non abbiamo alcuna bandiera da sventolare, se non quella della pace e della solidarietà internazionalista fra gli oppressi.
Noi esprimiamo massima solidarietà alla popolazione ucraina vittima dell’aggressione perpetrata dallo stato russo ed esprimiamo solidarietà alla popolazione russa che subisce, ancora una volta, la feroce censura da parte del governo.
Anche se sono state duramente represse e non hanno sortito immediati effetti concreti, le rivolte popolari dei mesi scorsi in Bielorussia e Kazakistan rappresentano l’unica strada veramente sostenibile per contrastare l’autoritarismo di Putin e dei suoi servi.
Qualunque altra soluzione che passi attraverso le guerre degli stati e le loro manovre assassine è destinata al fallimento.
FERMARE LA GUERRA!
SOLIDARIETÀ E COOPERAZIONE TRA I POPOLI!